Van Gogh non è morto

Vincent, se solo tu sapessi…
Se solo tu potessi vedere, caro Van Gogh, ciò che sei diventato per il mondo intero!
Andresti alla tua mostra, a San Pietroburgo, nella Konjushennaya Ploshad’, proprio dietro la Cattedrale del Sangue Versato. Entreresti in una costruzione buia, dove sentiresti una musica classica crescere e andare a ritmo con le immagini, e ti apparirebbero le proiezioni delle tue migliori opere scorrere e danzare sulle colonne e sulle pareti. Incredibile: i tuoi quadri oggi si muovono persino. I corvi del tuo campo di grano volano! Tutto quello che hai dipinto vive ancora, tu vivi. I tuoi aforismi, le tue massime e i tuoi pensieri, scritti in russo e in inglese, accompagnano ogni tuo dipinto. L’immagine che avevi di te stesso, i tuoi autoritratti, sono celebrati in ogni angolo di quella sala, illuminano gli occhi di migliaia di visitatori. Il tuo volto è ovunque. E’ gigante. Oggi sei un mito, caro Vincent. Vendono persino i foulard e le cover degli I phone con i tuoi quadri. Tanto per farti capire. In vita tutto fu piuttosto difficile, per te, lo sappiamo. Non avevi soldi, avevi un talento incredibile, e forse sapevi che un giorno sarebbe stato riconosciuto. Dicevi che “la morte, forse, non è l’accadimento più pesante nella vita di un artista“. Parole sante. Perché senz’altro lo è la vita. E che vita, però!

Non si considera mai un pittore per ciò che è oltre ad essere un pittore. Van Gogh era prima di tutto un sognatore, che amava con ogni forza la sua passione. Per lui la pittura era tutto. “A volte penso che non ci sia al mondo nulla di più sublime che disegnare“. Il disegno colora il mondo di qualcosa di nuovo. La pittura è sguardo minuzioso e prolungato, che si fissa sulla superficie di un oggetto e riesce a catturarne qualcosa che ne va dentro, attraverso, intorno e al di là. I cipressi, i girasoli, i campi e le stelle. C’è nulla di più bello al mondo che questi semplici elementi, tinti dell’ocra e del blu, sognati e resi vivi dagli occhi e dal cuore di un uomo di sensibilità inusitata? Van Gogh era anche uno scrittore, e amava la poesia. Riteneva che sia molto semplice guardare qualcosa, ma che scegliere le parole adatte per raccontarla non lo sia affatto. Con le sue frasi più celebri, alla mostra, sono riusciti a mio avviso a far parlare la sua anima, a trasmettere l’interesse e la voglia ruggente che Vincent aveva di donare al mondo la sua arte.

Quello che mi è apparso, nel buio, non sono state soltanto proiezioni gigantesche di quadri dalla bellezza disarmante. Dei suoi dipinti hanno fatto un tripudio di stimoli a più livelli, dialogando con loro, rendendoli attuali e animati. Il risultato è una vera e propria sinestesia, che richiama diversi sensi in contemporanea: ho visto cantare, ho sentito pensare, ho immaginato scrivere, ho udito dipingere un uomo straordinario. Ma non è questo il punto. Il punto è che mi è apparsa la sua essenza, il suo sogno. Il sogno di mostrare il grande attraverso il piccolo. Di dar vita a ciò che appare immobile e senz’anima. Di rendere l’impalpabile lucido e tangibile, secco e spesso, e viceversa il secco e spesso etereo, lontano e profondo come le stelle. Le stelle, per Vincent, erano più che un panorama romantico e quieto. Erano ciò che gli dava ancora speranza. Erano una delle sole ragioni per cui vale la pena di vivere. “Ricordati delle stelle e del cielo infinito. Allora la vita ti sembrerà dotata di una forza incantevole“. Tutto apparirà meno pesante. “Non ho alcuna solida certezza, ma le stelle che vedo mi costringono a sognare“. Vincent, hai costretto anche noi a sognare con te. Ci hai costretti a vedere con i tuoi occhi. In quella sala buia, ci hai lasciati soli con la tua grandezza. Ci hai costretti a commuoverci del fatto che una piccola vita può non spegnersi con l’arresto del corpo, ma continuare a brillare nelle cose che si lasciano, quando sono belle per davvero. A me questa mostra ha toccato qualcosa dentro, ma non tanto perché ha dato alla bidimensionalità dei quadri una dimensione nuova, che parla e si muove. Mi sono immaginata che quell’uomo, morto eppure vivo, fosse presente alla sua celebrazione. Mi veniva da piangere, ma non per pietà o ammirazione. Proprio per sentimento. Come quando si vede un bambino scartare il giocattolo che desiderava da tanto tempo. Il regalo che gli hanno fatto è stupendo. Non può scartarlo, ma forse la soddisfazione non è nel riconoscimento, ma nell’atto sublime della creazione. Mi ha commosso il gesto. Il gesto dell’amore del mondo per quello che ha amato lui, e che ha saputo esprimere, creando una bellezza talmente assoluta e nuda- niente di più, ma anche niente di meno-, da dover essere proiettata a 360 gradi su tutte le pareti dell’universo.

Van Gogh non è morto.

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4 Risposte a “Van Gogh non è morto”

  1. Post bellissimo e poetico così come vera poesia è l’arte di Van Gogh!
    È vero, Vincent vive e vivrà in eterno!

  2. È facile scrivere che Van Gogh è bravo, fantastico e immortale ma cogliere nel segno come in questo post che non so come ma ti inumidisce gli occhi non è da tutti.

    1. Grazie, davvero. Per me è davvero bello vedere che le sensazioni che ho provato riescono ad essere trasmesse anche a chi non era presente…

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