Il circo dell’impossibile (romanzo)

Cari lettori, sono lieta di annunciarvi la pubblicazione del mio nuovo romanzo“Il circo dell’impossibile”.

  • VIDEO PRESENTAZIONE 

Lo potete acquistare in versione cartacea o ebook su AMAZON, a questo link:

http://www.amazon.it/Il-circo-dellimpossibile-Valentina-Moretti/dp/1523969415/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1459789096&sr=8-1&keywords=il+circo+dell%27impossibile

Oppure su Ilmiolibro, sempre in carta o ebook:

http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/narrativa/267846/il-circo-dellimpossibile/

La copertina raffigura un mio dipinto intitolato “Gli amanti”.

“Il circo dell’impossibile” è un romanzo ambientato al circo di Mosca, tratto da una raccolta di racconti che scrissi circa 5 anni fa. Non mi so spiegare perché abbia visto la luce così tardivamente- lo ritengo tra i meno criticabili che abbia scritto. Sono molto legata a questo romanzo perché contiene la versione estesa di un mio racconto, “La donna cannone”, che fu premiato nel 2013 al concorso della rivista “Gente” e molto apprezzato in generale. Se non avessi ricevuto quel premio, forse non avrei continuato a scrivere.

  • Com’è il romanzo? E’un insieme di storie nella storia, parla di un lungo viaggio, della Russia, della passione per le sfide impossibili, di un mondo onirico e strampalato di circensi moscoviti. Lo stile è  sobrio, garbato e un po’ retrò. E’rivolto a tutti coloro che amano distaccarsi dalla realtà leggendo storie passionali e che sono incuriositi dal mondo russo. Soprattutto nelle prime pagine si può notare una ricercatezza stilistica che sfiora il lezioso (un esperimento mio, goffo tentativo di rifarmi a Nabokov e il suo “l’Incantatore”, piccolo romanzo che mi lasciò incantata).

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  • TRAMA: il romanzo si apre con l’immagine di Volodya il lanciatore di coltelli, entrando subito nel vivo della sua storia e della sua travolgente passione per Anastasya, una giovane ragazza del circo. La voce narrante è quella di Konstantin Sokolov, un affermato scrittore russo in viaggio in macchina attraverso la Siberia. Attraverso i ricordi di Konstantin il lettore ripercorrerà, lungo le tappe del suo viaggio, la sua indimenticabile esperienza di lavoro al circo di Mosca, seppur solo come addetto alle pulizie, avvenuta molti anni prima. Scoprirà così le avventure dei personaggi grotteschi, caratteristici, ai limiti del surreale che Konstantin ebbe modo di conoscere: la storia densa di passione e terrore di Ilya il domatore di leoni, innamorato di una prostituta di nome Ljubov’; la commovente vicenda della donna cannone, Ulyana, violoncellista innamorata di un giovane e bellissimo acrobata; infine, la mirabolante sfida di Taras il prestigiatore, scoprendo perché le sue vicende si siano intrecciate a quelle dello stesso Konstantin, e di conseguenza il motivo del suo viaggio attraverso la Siberia e il senso dell’intero romanzo.

Ogni vicenda è intrecciata alle altre e narrata secondo una struttura a ventaglio: le storie si aprono, si dispiegano, poi s’interrompono e vengono riprese più volte lungo la narrazione, fino a giungere al loro termine che coincide con un rivelamento di senso. Ogni storia è legata dal fil rouge degli amori impossibili, del desiderio prometeico di sfidare se stessi e il mondo. E’ questo il circo dell’impossibile, un circo(lo) vizioso e irresistibile in cui forse tutti siamo prigionieri, quello che dà senso alla vita e che spinge inesorabilmente a lottare, rischiare, andare oltre i propri limiti sino al punto in cui ciò che si rischia è la propria fine, o forse un nuovo inizio.

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  • RECENSIONI

Qui potrete leggere alcune recensioni (giuro, sono autentiche) con voti da 1 a 10 di lettori anonimi (quando il romanzo ha partecipato al concorso letterario “Ioscrittore” di Mauri Spagnol, classificandosi bene e ricevendo un buon feedback). Ho deciso di pubblicare anche i commenti negativi perché credo siano costruttivi e in molti casi giusti.

6.33    IL mondo del circo che qui viene descritto è un mondo di esseri molto particolari, non soltanto per le loro caratteristiche fisiche o per le loro abilità ma per le loro perversioni,complessi, debolezze. Tutto illuminato da una luce malata, triste, senza speranza. Si ha voglia di leggere ancora perché le storie narrate prendono, ma anche di leggere per arrivare all’ultima pagina, per uscire da una specie di sogno-incubo. Qualcosa non funziona, il filo che collega i vari episodi? la storia stessa di chi racconta? La fine del libro lascia la sensazione di non aver capito, di non esser riusciti a entrare nel romanzo.

8.67    Questo racconto che apparentemente sembra debba descrivere la vita, anzi le vite, che gravitano attorno a un circo di un certo spessore è in realtà tante cose assieme: romanzo giallo, esistenzialista, filosofico persino arrivando alla conclusione che ciò che dà appagamento, quello rende una vita degna di essere vissuta è un desiderio con la D maiuscola più che l’appagamento del medesimo. Nel dipanare la propria trama l’autore sceglie l’affascinante mondo del circo, di Mosca, e una vasta geografia che va dall’Europa occidentale sino a località sperdute della Siberia. A questo proposito si evince l’amore per la patria degli zar e, naturalmente la letteratura russa; già dallo pseudonimo scelto,  si omaggia l’immarcescibile Dostoevskij e il tragico eroe de I Demoni, il filosofo nichilista Kirillov. Per un romanzo che si svolge in Russia è giusto usare termini locali, come il bicchierino ove si beve la vodka o il nome del colbacco, per fortuna le note non sono molte e non si scava nell’etimologia delle parole: sarebbe stato un appesantimento. L’intreccio del romanzo è ben congegnato anche se produce una grande aspettativa per un finale, come si suol dire, a sorpresa, che però lascia un po’ di delusione. Sono le singole storie, più che il filo conduttore del protagonista, ciò che maggiormente rende gradevole il romanzo: l’ossessione del lanciatore di coltelli per la sua donna bersaglio che si rivelerà una masochista, il domatore di leoni sopraffatto dalla sua bestia più amata e la donna cannone: storia nella storia ancor più intrigante delle altre con brillante sorpresa annessa. Il romanzo è scritta molto bene, si ha una gran padronanza della lingua italiana, vengono usati termini poco usati che denotano una buona erudizione da parte dell’autore che comunque non si specchia nella propria saccenteria. Si ha senz’altro la curiosità di proseguire nella lettura anche il finale lascia un tantino delusi.

8.67    Il lettore si trova coinvolto quasi suo malgrado nelle vicende di personaggi che osemmo definire marginali, ma che nella loro marginalità a volte al limite della follia sono profondamente umani. Le loro pene e le loro aspirazioni diventano pene e aspirazioni che tutti possono condividere, pur al limite deell’impossibile. Mi è sembrata emblematica questa frase: quel voler contare qualcosa nel mondo proprio per il fatto di non contare nulla. Il linguaggio è essenziale, scorre rapido con una forte presa emotiva sul lettore. Il brano in cui il leone sente la debolezza del domatore è insuperabile. Alcune incertezze linguistiche chiedono una rilettura.

6.00    Ho particolarmente apprezzato le descrizioni precise, minuziose e accurate, ma non per questo noiose e lente. La lettura è scorrevole ed è piacevole conoscere le storie dei vari personaggi del circo, mentre ho trovato un po’ forzati monologhi inseriti su grandi temi quali l’amore, la realizzazione, la vita etc… Per come parte e si sviluppa la storia narrata dal protagonista (la sua vita, il motivo del suo viaggio) ci si aspetta un finale più d’impatto e con un avvenimento finale, insieme esplicativo e di scena, che purtroppo manca totalmente.

7.33    Ambienti suggestivi e troppo “smaccatamente” russi, il che non è un difetto. Il circo come metafora della vita e della crescita degli individui, è qualcosa che rende l’opera molto appetibile, almeno per me. La prosa è fruibile ma spesso troppo ricercata anche per la materia trattata che non necessita di troppi termini “assoluti, unici e/o desueti”. I personaggi sono efficaci ma il protagonista fagocita e accentra tutto tanto che anche i dialoghi degli altri personaggi sembrano simili (nella forma) alle sue elucubrazioni. I discorsi diretti, a volte, diventano davvero poco colloquiali. Ed è proprio il linguaggio in generle che non convince inficiando il ritmo del romanzo. Un ritmo più secco darebbe maggior brillantezza all’opera che ha tutte le potenzialità per essere un buon libro. E’ consigliabile una minore verbosità in un’opera che potrebbe diventare un ottimo racconto lungo ma che non ha gli strumenti dell’ottimo romanzo breve. Leggere lo Steinbeck di Viaggio con Charley, potrebbe aiutare l’autore a cadenzare meglio tutto quello che, spesso non esce fuori dalla carta e dalle digressioni che, nella maggioranza dei casi, non mi hanno convinto. Il tutto andrebbe infarcito da una rilettura del Kerouack migliore.

7.33    Sicuramente bella la storia di Ulyana. E quella di Vladimir. Bella questa atmosfera russa che l’autore sembra conoscere molto bene forse perché ne fa parte. Ma il romanzo è pretenzioso. Credo sia il risultato dell’unione di vari racconti nati ognuno per conto proprio e poi legati insieme dal filo conduttore di Kostya scrittore che, come direttore d’orchestra, cerca di dare originalità e unicità ai tanti spartiti di Ulyana caduti insieme a lei dal monte Elbrus.

10.00  “Venghino, Signore e Signori! Venghino ad ammirare la valentia degli artisti del più grande circo di Mosca!” E a conoscere le storie segrete, i desideri, gli amori, le pulsioni, di Vladimir, il lanciatore di coltelli, di Taras, il prestigiatore, di Il’ya, il domatore di leoni, di Ulyana, la donna cannone… Le loro storie sono raccontate da Kostya, l’addetto alle pulizie, che, diventato un grande scrittore, durante un viaggio in macchina, macinerà i chilometri che lo separano dalla sua destinazione lasciandosi andare ai ricordi della sua gioventù. Quando i sogni sembrano desideri realizzabili. Scritto molto bene. I personaggi sono costruiti in modo ottimale, la storia suscita interesse e curiosità. Brava!

5.67    Anzitutto la prosa: paratattica, si compiace di paronomasie e analogie, di certi troncamenti, soprattutto di ossimori e antitesi. E’ meticolosa, didascalica (ci sono persino le note!), dannunziana e spesso allucinata. Il primo cap. è una variazione sul tema e sulla figura, tanto amati dal decadentismo e da Mishima, di San Sebastiano; alla lunga ripetitiva e un po’ stucchevole. I personaggi sono inquieti, sensuali, sadomasochisti, sempre sospesi fra tormento ed estasi, vita e auto-annullamento: insomma Dostoevskij. Troppo forbiti i dialoghi in bocca a circensi (“aere”!) e persino prostitute, ma anche la narrazione è piena di esclamazioni e ricercatezze d’antan, e aspira spesso a significati metaforici; il ripetersi talvolta dell’ennesima ricercatissima similitudine finisce senz’altro nel ridicolo. Non troppo rari gli errori di battitura; incertezze nella traslitterazione del cirillico (y/j) e qualche goffaggine nella scelta del lessico. Troppi cortocircuiti tra il narratore-testimone e quello onnisciente che egli diventa nel giro di due righe. Piuttosto che un romanzo, il testo presenta una serie di bozzetti, una filza di racconti quasi indipendenti, in cui l’elemento retorico è preponderante su quello narrativo. Centrale la figura dell’ossimoro, sulla quale si reggono tutti gli episodi narrati. Come al circo, appunto, una parata rutilante di cose già viste, e mille volte: la femme fatale, la donna-angelo/demonio, la donna-tigre; i binomi amore e morte, innocenza e corruzione; l’essere mostruoso innamorato dell’essere bellissimo; il fascino della roulette e dell’azzardo. Le ultime due storie sono avvincenti, ma hanno un finale sbrigativo. Storie d’amore eccessivo, estremo, ma piuttosto che crude, moderne, realistiche o iper-realistiche risultano filtrate da una prospettiva libresca, retorica e falsante, da letteratura d’appendice primo-900esca; o, al massimo, ricordano quelle di Bataille e Jodorowsky, ma senza la loro filosofia e la loro visione del mondo.

5.67    Parte male, questo romanzo che sembra voglia collezionare dei racconti cucendoli nel ricordo di una improbabile voce narrante in viaggio. Parte male perché narra le storie con una lingua che, sebbene corretta, sa di retorica di 30 anni fa. Poi recupera un po’ perché alcune delle storie narrate appaiono via via più avvincenti e infine cerca di elevarsi (e risolversi) nell’evidenziazione, o meglio nella dichiarazione esplicita, della “filosofia” che tiene insieme i diversi racconti. Il romanzo si chiude con (e in) una riflessione filosofica, peraltro scritta con una lingua priva del frasario intriso di luoghi comuni stilistici che pervade la parte del testo più narrativa. Conclusione piacevole, dunque, che potrebbe anche affascinare il lettore per le considerazioni profonde che vi sono espresse, ma che, proprio in quanto ideologica e non narrativa, non può promuovere una raccolta di racconti in “romanzo”.

6.00    Io sento molto in questa prosa l’influenza della letteratura russa, nel bene e nel male. Qui non è in discussione la capacità di scrittura, nè la forza evocativa di una specifica descrizione o della narrazione di un particolare evento. Mi manca però la visione di insieme. Mi sembra una collazione di racconti, mi manca un filo conduttore che tenga insieme la storia e la renda un tutto organico, omogeneo, tendente nella stessa direzione. Inoltre, laddove ti abbandoni a considerazioni filosofeggianti, rischi di esagerare e di togliere ritmo alla storia. Certe digressioni, certe riflessioni dei personaggi, andrebbero alleggerite. Altrimenti rischi di trasformare un testo narrativo in un testo filosofico. E certi toni arrembanti andrebbero smorzati. L’enfasi eccessiva finisce per produrre l’effetto opposto. Ma se queste distorsioni stilistiche possono tutt’al più essere fastidiose e si correggono senza troppa fatica, invece la storia andrebbe compattata meglio. Sennò rischia di essere una carrellata di personaggi, alcuni anche interessanti e suggestivi,ma tutto sommato un’occasione persa perchè dietro di essi manca appunto un filo conduttore.