L’esperienza di Chiara a Tula e non solo…

L’intervista di oggi vede come protagonista una ragazza davvero in gamba che ci racconterà la sua personale visione della Russia e la sua esperienza niente di meno che in obshezhitie (dormitorio) della città di Tula.

Chiara Boarina, 21 anni, è una studentessa di russo e inglese all’Università Ca’Foscari di Venezia. 

  • Ciao Chiara, come nasce la tua passione per la Russia?

È nata in un modo spontaneo e credo mi abbia accompagnata fin da piccola quando il mio cartone preferito era Anastasia. Col passare degli anni è diventata sempre più forte, di sicuro arte,letteratura, musica e storia di questo paese hanno contribuito ad incrementare il mio interesse. Ne sono affascinata, faccio fatica a spiegarlo a parole, è una sensazione che parte da dentro, so solo che quando penso alla Russia mi brillano gli occhi.

  • -In che modo stai studiando la lingua?

Principalmente la studio all’università, frequento il terzo anno del corso di laurea in “Lingue, Civiltà e Scienze del Linguaggio” all’università Ca’ Foscari a Venezia. Ho la fortuna di avere delle lettrici fantastiche che trasmettono una grande passione. Anche guardare film in lingua e ascoltare canzoni mi aiuta molto, soprattutto per la pronuncia e per imparare espressioni colloquiali.

  • -Quali città della Russia hai visitato? Che differenze hai notato tra Mosca e città minori?

Grazie al progetto Erasmus+ sono stata in Russia 3 mesi e ne ho approfittato per viaggiare il più possibile, sono stata a Tula, Mosca, San Pietroburgo, Nizhny Novgorod, Suzdal’, Vladimir e Bogoljubovo.

Le differenze tra le grandi città e quelle minori sono enormi e subito evidenti. Nelle città minori si ha l’impressione che il tempo si sia fermato a 20-25 anni fa, lo si nota dall’abbigliamento delle persone, dallo stato in cui sono gli edifici, dalle automobili, dalla totale assenza di insegne o cartelli in inglese. In queste città ho notato pochissimi giovani e l’atmosfera è molto più calma e più spirituale rispetto a città come Mosca o Pietroburgo. La gente del luogo a volte si fermava a fissarci, eravamo subito identificati come “stranieri”.

  • -La tua esperienza di studio in un obshezhitie a Tula è piuttosto singolare. Com’è andata? (Raccontaci qualche aneddoto divertente della vita a Tula in obshezhitie)

Sono stati i mesi più assurdi e belli della mia vita. Sono partita a metà settembre insieme ad altri ragazzi della mia università e ci siamo ritrovati catapultati in una realtà che avevamo studiato solo sui libri. Appena ho visto l’obshezhitie, un palazzone in stile sovietico a 9 piani nel quale vivono circa 600 persone, volevo scappare. Ma col passare dei giorni mi sono abituata e ho iniziato a chiamare quel posto “casa”. Il mio sogno si stava realizzando, ero finalmente in Russia, a Tula, città a 200 km da Mosca, famosa per le armi (è il principale produttore di tutta la Russia), i samovar e il prjanik, un dolce tipico molto speziato. Subito ho notato quanto poco costasse la vita rispetto all’Italia e la grande passione dei russi per i carri armati (sono in ogni parco, incrocio, piazza) e per i fiori, ogni 50 metri c’era una fioreria aperta 24h su 24. Le strade, rigorosamente a 6 corsie, pullulavano di maršrutke, ossia di furgoncini che fungono da autobus in cui molto spesso si sta in piedi o seduti di fianco all’autista che oltre a guidare raccoglie i soldi dei biglietti. Perfino bere della semplice acqua in Russia è diverso; l’acqua dei rubinetti dell’obshezhitie non era potabile e così andavamo a piedi da una babushka a farci riempire dei boccioni da 5 litri. Le nostre giornate si dividevano tra le lezioni, faccende domestiche, esplorazione della città e serate di festa. Di solito usavamo i weekend per andare a visitare altre città. L’obshezhitie è una tappa fondamentale della vita di uno studente russo, ci si aiuti tutti e si diventa come una grande famiglia, si condivide tutto. E nell’obshezhitie si trova di tutto, da strumenti musicali a termosifoni con le ruote a negozi improvvisati da qualche studente per guadagnare qualcosa. Una delle cose che mi ha fatto più impressione è quello che abbiamo soprannominato “tubo della morte”, un tubo che parte dal nono piano e arriva al primo in cui la gente butta l’immondizia. Comodissimo, solo che ogni tanto esplodeva per la pressione e il pavimento della cucina si riempiva di rifiuti. Avevamo qualche difficoltà a prenotare i taxi, a volte non ci capivamo e così capitava spesso che salivamo in 7-8 in una macchina da 5 posti. In Russia sono ancora molto diffuse le mense e una volta in cassa la mia compagna di stanza, Elena, continuava a chiedere loshad (cavallo) al posto di loshka (cucchiaio) e la cassiera era sconvolta, anche perché i russi non mangiano carne di cavallo perché non è bello mangiare i mezzi di trasporto. Ho completamente ridimensionato i miei concetti di tempo e distanza, per andare all’Anello d’Oro abbiamo fatto un viaggio di 13 ore in autobus, per un russo questo è un viaggio breve, io invece stavo impazzendo e dal finestrino si vedevano solo neve e betulle, betulle e neve.

  • -Che cosa ti colpisce della cultura russa, cosa ammiri e da cosa invece sei distante?

Ammiro la grande ospitalità, a differenza di quanto si crede i russi non sono affatto persone fredde e maleducate, la puntualità e l’ottimismo, sono convinti che domani sarà sempre meglio. I ragazzi sono tutti gentiluomini, ti lasciano il posto in autobus o in metro, ti aiutano a portare borse pesanti anche se non ti conoscono, aspettano le loro ragazze con enormi mazzi di fiori e se ti invitano a cena o da qualsiasi altra parte, pagano tutto loro. A volte tendono a essere disorganizzati e se una cosa si rompe non la aggiustano subito ma procrastinano sempre, gli edifici e gli interni sono spesso trascurati. Sono molto superstiziosi, non si regalano mai fiori in numero pari ed è assolutamente proibito fischiettare in casa. Non riesco a capire perché le donne ritengano così importante essere sempre perfette, come se dovessero andare a una sfilata, tacchi, trucco, capelli e unghie sempre perfetti, anche quando fanno la spesa. Adorano e ammirano il loro presidente, lo idealizzano e lo definiscono il prototipo dell’uomo perfetto, anche se la situazione del paese non è delle migliori.

  • -Quali sono le difficoltà principali secondo te per imparare il russo?

All’inizio credevo che la cosa più difficile fosse imparare da zero un nuovo alfabeto, ma questo dopo un paio di settimane si impara e le vere difficoltà arrivano dopo, come ad esempio capire il concetto dell’aspetto, non avevo qualcosa di simile a cui paragonarlo in italiano. Ho trovato difficili anche i verbi di moto con tutti i prefissi possibili e immaginabili, che sono decisamente troppi. Infine per fare dei suoni caratteristici della lingua russa e per imparare a leggere in modo fluente e con gli accenti giusti c’è bisogno di molto tempo.

  • -Cosa consiglieresti a chi come te studia il russo?

Consiglierei di non scoraggiarsi, è senza dubbio una lingua difficile ma regala tante soddisfazioni e di non ostinarsi per forza a trovare una spiegazione logica a tutto, credo sia una lingua da imparare sia con la testa sia col cuore.

  • -Quali sono i tuoi obiettivi futuri?

Prima di tutto laurearmi e ritornare in Russia il prima possibile, mi piacerebbe fare un viaggio in Transiberiana. Tra i miei progetti c’è una laurea magistrale a Mosca o San Pietroburgo e un lavoro che sia in qualche modo collegato a questo paese.

Che dire? Credo proprio che Chiara riuscirà a realizzare i suoi obiettivi con la Russia. Un grande in bocca al lupo!

Alcune immagini, gentilmente concesse da Chiara, della sua avventura in Russia