10 simboli della Russia- luoghi comuni

Vorrei svelare qualche curiosità- molte delle quali senz’altro saranno già note- su una decina di parole russe, che nella mentalità comune sono considerate, da chi non è russo, i simboli della Russia per antonomasia. Vediamole:

1)Matrioshka (матрёшка): non potevo non partire proprio da lei, che dà anche il nome al mio blog! Innanzitutto la pronuncia corretta non è quella “all’italiana”, cioè “matrioska” con la “s”dolce, ma “matrioshka” con la “sh”. Queste bambole di legno che all’interno contengono bambole più piccole sono il simbolo più celebre della Russia, anche se di recente invenzione. La loro fattura ha ispirato metafore e numerosissime imitazioni.  L’etimologia è dal latino “mater”, e in russo è un nome comune di donna, intesa come madre di famiglia. L’invenzione della matrioshka è attribuita ad un mecenate  e imprenditore russo, Mamontov, e la sua realizzazione a Sergey Maljutin, un artista di fine Ottocento. Forse non tutti sanno che i russi “rubarono” l’idea ai giapponesi. La moglie di Mamontov portò in Russia da un viaggio in Giappone, nell’isola di Honshu, una bambola di legno raffigurante un vecchio saggio, dentro la quale erano contenute altre bambole più piccole. Da lì l’ispirazione per la matrioska, che venne commissionata al maestro Zvezdochkin e all’illustratore Maljutin (che la ideò nella versione colorata e con abiti tradizionali che conosciamo). Tra l’altro a Mosca si può vedere un’altra interessante opera di Maljutin: la Dom Pertzovoy, sulla Prechistenskaya Naberezhnaya (metro: Krapotkinskaya). Fu commissionata a Maljutin dall’ingegnere Pertsov, di qui il nome. Nata ai primi del ‘900 e dallo stile moderno, ospitò la compagnia teatrale “Pipistrello”.

дом

2)Colbacco (шапка ушанка, shapka ushanka): il cappello di pelo, altrettanto famoso nello stereotipo russo, ha per noi un nome, “colbacco”, che deriva dal francese “col bac”, e che a loro volta i francesi appresero dagli egiziani all’epoca di Napoleone (in turco si chiama kalpak). In Russia ha tutt’altro nome: si chiama “ushanka”, cioè cappello invernale con paraorecchie. Più in generale, “shapka” è il termine che indica i cappelli invernali. Il tipico cappello di pelo è parte del costume tradizionale russo. Compare anche nel quadro di Ryabushkin, “Strelets” (Cacciatore).

streletz

3)Caviale (икра, pr: ikrà): da sempre simbolo della Russia, la parola “caviale” ha origine dal turco “havyar”. In russo si chiama икра e con questo termine si intende generalmente: uova di pesce. Esiste di due tipi fondamentali in Russia. Quello rosso красная икра (krasnaya ikra) di uova di salmone o trota, e quello nero черная икра (chernaya ikra) di storione, naturalmente più pregiato e molto più costoso. Il caviale nero si ottiene da 4 varietà di pesce: осетр storione, белуга beluga, севрюга sevriuga e шип ship. Il più costoso è il beluga. Generalmente lo si pesca nel mar Caspio. In realtà in Russia esistono altri tipi di caviale, come quello di melanzane, di zucchine, di carote. Sono delle ottime salse da accompagnare a pesce e altri piatti.

4)Isba( изба, isbà): la pronuncia esatta è con l’accento sulla “a”. Tipiche case rurali russe, le isbe sono costruite in legno. Spesso l’isba, nei territori orientali, ospitava anche un forno, generalmente in pietra. Un’isba che non aveva il camino per il forno (fino al 15 secolo) si chiamava kurnaya isba (курная изба) ovvero “nera”, “annerita”, perché naturalmente i muri a poco a poco si ricoprivano di cenere nera, usando il forno per cuocere. Per ovviare al problema venivano costruiti intorno al perimetro interno dell’isba dei sottili muriccioli supplementari, che separavano il muro dal fumo. A partire dal 15 secolo, le isbe divennero belije (bianche) ovvero classiche, con camino. Nei paesi si possono trovare le vecchie isbe nere fino al 20 secolo.

Le isbe “severorusskie”, cioè dei territori a nord di Mosca, si distinguevano perché al loro interno si svolgeva tutta l’economia agricola. La stanza con il forno occupava da un terzo a metà del territorio dell’isba, e il forno era rialzato di un metro e mezzo dal suolo- sotto si conservavano prodotti alimentari, nel podpole. Erano a 2 piani, con al pian terreno il tipico ingresso con la scaletta laterale, sormontata da un tettuccio aguzzo, che si chiama kryl’zò крыльцо; all’interno c’erano i сенцы (sentzy) cioè una sorta di piccolo atrio, anticamera, che portava ad altre piccole scale e al corridoio con le camere del primo piano. A volte c’era anche una sorta di legnaia nell’isba, detta pridel, che permetteva di conservare il fieno senza dunque nemmeno uscire al freddo un solo istante.

5)Mosca (Москва, pr: Moskvà): la città prende il nome dall’omonimo fiume. Questo prefisso, “mosk”, compare in molte parole del mondo slavo: c’è un altro fiume Moskva in Ucraina, il fiume Moskava in Polonia, il villaggio Moskovetz in Bulgaria. L’etimologia della parola è incerta, ma vi sono due ipotesi principali: origine slava e baltica. Secondo l’origine slava, il prefisso mosk indica qualcosa di liquido, paludoso; ugualmente, secondo Toporov, il nome baltico mosk-ava indica qualcosa di liquido, umido, fangoso. A dimostrare l’origine baltica del nome, secondo lo studioso, sarebbero i nomi degli altri corsi d’acqua intorno a Mosca, che hanno tutti origine baltica (Vodva, Nadva, Bolva, Titva…). 

6)Cremlino (кремль, pr: kreml’): questa parola indica in russo le antiche fortezze, le città fortificate da mura e campanile. Compare per la prima volta nel 1317 come “kremnik”. Sull’etimologia ci sono varie ipotesi, di cui le più accreditate sono dal greco “kremnos” (monte aguzzo che sormonta la riva), oppure kremnost, fortificazione dentro la città) oppure di origine altaica e mongola “kerman”, “kerem”, ovvero “fortificazione”. Molti notano che ha un’etimologia vicina a quella di Krym (Crimea). Vi sono moltissimi cremlini in Russia, il più famoso è naturalmente quello di Mosca.

7)Zar (царь, pr: tsàr’): la pronuncia esatta è tzar’ (con la “ts”all’inizio e la “r”molle). Deriva dal latino caesar, “cesare”nel senso di imperatore, ed è arrivata in Russia dal goto kaisar, poi accorciato in “tsar”. Dal 1547 (Ivan IV Groznij, il Terribile) al 1721 (Petr Velikij, Pietro il Grande), fu il nome dei monarchi russi. Di qui derivano tutte le parole a designare la famiglia dello zar: tsarevich (царевич, figlio dello zar), tsaritsa (царица, moglie dello zar cioè zarina), tsarevna (царевна, figlia dello zar).

8)Soviet (совет, pr: savièt) : la parola russa significa “consiglio”, “associazione”, “decisione”. A partire dall’Unione Sovietica, ha indicato diversi organi collegiali russi, per lo più associazioni di operai, nate nei primi del ‘900. Deriva dall’antico slavo, ed è il corrispettivo greco di “boulè”, “sumbouleuomai”, mi riunisco a consiglio. Il suffisso “vet” dà origine a molte altre parole russe come privet (ciao, salutare), otvet (risposta), navet (precetto).

9)Balalaika (балалайка): simbolo russo per eccellenza assieme alla fisarmonica, veniva anticamente chiamata babalaika балабайка. Questo nome permane in Ucraina, come forma dialettale e in alcune regioni della Bielorussia. L’etimologia deriva da parole russe come balakat, balabonit, balagurit, che significano: chiacchierare. Sta dunque ad intendere qualcosa di poco serio, di giocoso. Nasce nel 17 secolo, e viene perfezionata nella forma attuale per merito del musicista Vassilij Andreev. Può misurare da pochi centimetri sino ad 1,7 metri.

10)Samovar (самовар): il famoso bollitore russo per la preparazione del the, è in realtà arrivato in Russia, secondo la leggenda, dall’Olanda grazie a Pietro I. L’etimologia della parola è da sam сам (da solo) e var вар, radice del verbo varit варить, bollire. Simili apparecchi esistevano già in Cina e nell’antica Grecia e Roma (authepsa, macchina per bollire). A partire dalla fine del ‘700, cominciano a comparire i primi samovar russi, prodotti negli Urali. Divenne famosa la fabbrica Kaprysin, aperta dal fondatore Ivan nel 1185 a Tula, che all’inizio aveva solo una ventina di dipendenti, e che durante l’Unione Sovietica cambiò nome in “Lenina”.

Vorrei aggiungere un simbolo fondamentale, che però chissà perché agli europei non è arrivato, ovvero il mitico Cheburashka (Чебурашка). Trattasi di tenero cartone animato sovietico, nato negli anni 60 grazie allo scrittore Eduard Uspenskij. Cheburashka è un giocattolo difettoso, che nella canzoncina del cartone animato viene descritto come: “giocattolo senza nome”, “qualcosa di strano”, un misto tra un orsetto peloso, una scimmietta e dumbo (per le grandi orecchie). Divenuto un eroe, è ormai il Topolino russo, che potrete trovare su portachiavi, magliette e naturalmente peluche in ogni chiosco in Russia, Ucraina ecc.

chebu

Vi domanderete se manca qualcosa. Ovviamente si, manca la vodka, ma mi sembrava troppo banale persino per essere messa nei luoghi comuni!