Dopo l’immenso successone del primo romanzo (ha venduto quasi 200 copie, un numero astronomico, perché demordere?) sto perseverando nel proporre le mie storie alle case editrici. Non so se accettino per sfinimento o altro, fatto sta che presto usciranno altri 2 miei romanzi, pubblicati da 2 piccole case editrici indipendenti. STAY TUNED…
La storia di P.U.B.- Parole in un boccale, il primo romanzo che abbia mai scritto, che risale a circa 6 anni fa, è del tutto diversa. Buttato giù malamente e rapidamente, insostenibilmente prolisso, mai corretto né rivisto, venne proposto a svariate case editrici e indovinate? Nessuna volle pubblicarlo. Ai tempi non sapevo scrivere (neppure adesso, forse, a dirla tutta)- perché una cosa è scrivere a tempo perso o buttar giù un bel raccontino, un’altra è scrivere un romanzo, perciò figuratevi il primo in assoluto. A fatica lo lesse qualche amico, obbligato moralmente a farlo, e in molti casi preferì non commentare. Clamorosamente criticato e bocciato al concorso Io scrittore di Mauri Spagnol, venne dunque gettato per anni nel cassetto (in un triste e solitario file del pc, mai più aperto).
Dopo una revisione risalente a 2 anni fa, che lo dimezzò letteralmente del suo volume e lo rese quantomeno leggibile, PUB è tornato alla ribalta ed è pronto a mostrarsi al mondo in tutta la sua irritante ingenuità. Perché, vi chiederete, divulgare a tutti i costi ciò che si scrive anche se non è pronto, non è riuscito bene? Vero, in molti casi sarebbe il caso di non farlo. Tuttavia, ritengo che questo primo romanzo di gioventù, cui sono molto legata affettivamente, nella sua inevitabile pedanteria, noia e totale dilettantismo, abbia qualcosa di interessante, e precisamente alcuni stralci che- sarò ardita- sono forse le pagine più belle che abbia mai scritto. Il problema è che sono nascoste e gettate in un turbine di parole inutili. Sono fiori in mezzo al concime- il che è un po’ la forma del mondo.
Vale la pena di sorbirsi interminabili dialoghi statici e vagamente molesti per imbattersi d’improvviso in una piccola perla? Non saprei, forse no, ma PUB è così, una manciata di sterco e, quando meno te lo aspetti, una carezza di rugiada. PUB non ha mezzi termini né dignità. PUB, a dire il vero, fa schifo, ma nel fare immensamente schifo, suscita un’inevitabile tenerezza, ed è proprio così che lo voglio. Stupido, ingenuo, sprezzante, trasgressivo e un po’ infantile. Com’ero io a quei tempi. Pubblicandolo, metto alla gogna il mio passato e, forse, me ne libero per sempre.
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Di seguito potrete leggere la trama, che suona assai promettente, ma si sa che in fondo… sono solo parole. In un boccale!
- TRAMA: Il vero protagonista del romanzo è il pub, ambiente vario ma compatto, luogo d’incontro di un gruppo di eccentrici personaggi, molto diversi fra loro eppure legati da una passione comune: bere, allo scopo di dimenticare, raccontare o divertirsi. Il pub diviene il pretesto per raccontare storie di vita e di delusioni, di passioni e vendette, dal punto di vista dell’onnisciente narratore- protagonista: M, oste e proprietario, spettatore dello strampalato teatro che ogni sera gli si rivela, tra birre, deliri, battute, confessioni e filosofia spicciola, ma talvolta sagace. Come una cloaca e un gigantesco ossimoro, il pub ospita pensatori e barboni, studiosi e spacciatori, le cui storie sono tragiche ma comiche, fallimentari ma gloriose. Allo stesso modo, il linguaggio oscilla tra lo scurrile, il gergale e l’impegnato, le tematiche tra il serio ed il faceto, tra la discussione filosofica, la confessione e il racconto. Il lettore conoscerà così le vicende di alcuni personaggi di rilievo, narrate tramite brevi spezzoni che le illustrano e le mischiano, riprendendole in seguito per mostrarne lo sviluppo: il Leggen, inguaribile donnaiolo e giocatore d’azzardo, patologicamente innamorato di una dama di tela; il professor T, borioso uomo d’affari edonista e cinico, che pagherà caro la sua cattiveria; l’irriverente Nova, ragazza in cerca di una direzione, amante della Russia e stregata da Dostoevskij, sino ad assumere il cupo tormento dei suoi antieroi; Edus e Gianni, strana coppia che nasconde un segreto che sfocerà in un dramma ai limiti del surreale; l’affascinante pittrice Silvia, mangiatrice di uomini, disposta a tutto per diventare qualcuno. Tra ricordi, racconti, colpi di scena e persino una delirante setta mistica, il romanzo oscilla tra realtà e finzione iperbolica allo scopo di strizzare l’occhio al grande teatro, grottesco e patetico, che è la vita. Alla domanda di fondo, alleggerita dall’essere una “domanda da pub”, ovvero se l’esistenza abbia un senso, l’implicita risposta potrebbe essere che non c’è, ma che vale la pena di vivere, non fosse altro che per potersi fare beffe della vita stessa.
Che dire… come presentazione è tra le più scoraggianti che abbia mai letto! Certo che non sai proprio da che parte cominciare per promuovere un tuo lavoro!
Comunque, mi hai divertito. Si vede che sei ironica e critica con te stessa, e sono doti rare! Probabilmente il tuo romanzo non avrà nessun seguito, ma sei simpatica!
Grazie Giovanni, apprezzo il fatto che tu apprezzi l’autoironia. Del resto, bisogna essere obiettivi. Questo è un libro nato come esperimento da divulgare tra amici stretti del pub, e tale dovrà rimanere per sempre… una roba per pochi. Credo che vendersi bene oggi significhi molto, ma non al punto da trasformare un libro di nicchia nel Codice da Vinci!