Consigli cafoni ai cafoni: la Versilia si tira la zappa sui piedi

Vogliamo dare importanza a qualcosa che implora importanza, ma che è in realtà un argomento di bassa lega? Facciamolo. Del resto ne è già stata data parecchia dal web, quindi non cambierà granché la mia modesta opinione sul mio piccolo blog!

Ha fatto scalpore la divulgazione di un video con consigli di bon ton per i clienti russi degli alberghi della Versilia. Il video è un’idea dell’hotel Byron di Forte dei Marmi, che ha usato come prestanome della lezione di Galateo il volto e le parole della bella modella russa Ljudmila Radchenko. Nel video, diffuso su You Tube, Ljudmila, affiancata dal proprietario dell’albergo, spiega ai clienti russi come le buone maniere imporrebbero di comportarsi in Italia (parla in un ottimo italiano sottotitolato in cirillico). Ciò su cui fa leva, è il fatto che sarebbe “cosa buona e giusta” se i russi sorridessero di più, e non solo al proprietario dell’hotel, ma a tutto il personale; se si vestissero in maniera “comoda e non troppo vistosa” in piscina; se non ordinassero il cappuccino prima di pranzo, non coinvolgessero gli italiani in brindisi “alla goccia” con la vodka (inclassificabile per la demenza) e ringraziassero per il servizio nel momento in cui lasciano l’albergo.

Premesso che i “cafoni”non hanno nazionalità, perché sono onnipresenti, ma che senz’altro esiste lo stereotipo dei russi di alto bordo come particolarmente maleducati, questi “consigli” di stile hanno sollevato un polverone sul web, com’era prevedibile. Da Mosca l’insurrezione degli utenti lamenta che gli italiani non si possono permettere di dir loro come comportarsi, e che, nell’ottica alberghiera, il cliente ha sempre ragione.

C’è anche chi fa notare “qualcuno doveva pur dirlo!” o chi è più pessimista e filosofico “è una battaglia persa”. Se voleva essere uno stratagemma per far parlare di sé, senz’altro l’albergo è riuscito ad essere al centro di un dibattito. “Si parli male di me, purché se ne parli” è un’affermazione già di per sé imbarazzante, eppure un fondo di verità c’è.  Quali vantaggi economici possa portare questo polverone sollevato ad arte, è cosa discutibile. A mio avviso, la mossa non è particolarmente acuta dal punto di vista strategico. Si tratta di un altro clamoroso passo indietro nei rapporti commerciali tra Italia e Russia, già compromessi dalla situazione in Ucraina. L’hotel dovrà forse dire addio a molti dei suoi clienti russi, il che influirà notevolmente sul suo fatturato della stagione estiva.

Senza contare che avrei optato per una maniera più soft di evidenziare le differenze culturali tra l’Italia e la Russia, semplicemente esponendo tali diversità, ma senza permettersi di dare consigli. Ho notato che si creano incomprensioni a tavola perché in Russia i clienti sono abituati a trovare tutte le pietanze già esposte e disponibili, da mangiare in contemporanea. Quando feci da interprete ad una grandiosa festa di un oligarca russo in Toscana, gli invitati e i parenti dell’imprenditore si lamentarono del fatto che alla cena di gala (preparata con estrema cura e suddivisa in 10 raffinate pietanze che andavano dall’antipasto al dolce) il servizio era lento, si annoiavano e ne erano usciti affamati. Il maître, disperato, mi faceva notare che “il tempo di preparazione del risotto non può essere inferiore ai 20 minuti, sono tutti ingredienti di prima qualità preparati al momento!”, ma non c’era verso di far intendere questo aspetto ai russi. Le differenze culturali esistono, ma c’è modo e modo di sottolinearle.

Nel “video della discordia” si insiste, inoltre, sul fatto che i russi non sorridono. Sarà anche vero, ma con i prezzi degli hotel della zona, sorridere non è facile! Quanto al punto in cui si suggerisce ai russi di indossare un abbigliamento comodo a bordo piscina, evitando i tacchi a spillo e le griffe, commentare sarebbe superfluo. Ugualmente sul fatto di ordinare il cappuccino prima di pranzo, usanza russa che non vedo in che modo possa urtare gli albergatori. Uno schiaffo all’alta cucina? Con la crisi odierna, quegli “attentatori del buon gusto”, che osano “abbinare un Solaia al pesce bollito”-come lamenta Salvatore Madonna- sono gli unici che possono permetterselo. Su questa scia, trovo ancor più insensato il consiglio di non lasciare laute mance ai camerieri, ma piuttosto complimentarsi per il servizio. Immagino come sarebbe contento il personale dell’albergo, nel vedere i clienti russi uscire dall’albergo senza lasciare un centesimo, ma profondendosi in grandi sorrisi e complimenti, fatti con il cuore!

Per farla breve: si tratta di consigli cafoni a cafoni, e si sa che ci si intende quando si è della stessa pasta. Oltre ad essere una zappa sui piedi dal punto di vista economico, questa trovata è uno dei tanti esempi del degrado cui si giunge quando non si ha molto di cui parlare. Io sono riuscita a parlarne per parecchie righe, non lo nego. A mia discolpa, mi piace pensare che senza il superfluo, al mondo resterebbe solo “l’insostenibile pesantezza dell’essere”.

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