L’immortalità vista dai pietroburghesi: Blok e Brodskij

Tutto, nella coscienza umana, ruota attorno all’impossibile. L’uomo è una creatura bizzarra e infelice che basa la propria vita sulla brama di immortalità, di vita eterna: un dolcissimo, irrealizzabile sogno, il desiderio più improbabile e allo stesso tempo più forte. Che sia un concetto impossibile e, in un certo senso, contrario alla natura, lo dice la parola stessa: immortalità, in russo (bessmertie) бессмертие, in greco antico athanasìa: la parola principale è la morte (смерть, thanatos), che viene prima di tutto, cui si aggiunge un suffisso privativo.

Il concetto di immortalità ed eternità, difficilmente concepibile, non esperibile e tuttavia così    comune, si lega forse alla struttura della mente: l’infinità dell’immaginazione permette di concepire l’infinito e l’illimitato (chiediamo a Leopardi ulteriori dettagli), restando a cavallo tra la cruda, finita realtà e lo стремление stremlenie (il tendere) alla spiritualità. Dal desiderio dell’immortalità dell’anima deriverebbe anche la necessità di credere in Dio. Questo è uno dei temi centrali dell’opera più grandiosa di Dostoevskij, i Fratelli Karamazov (sì, ne ho già parlato troppe volte, vi ho fatto una testa così, giuro che è l’ultima!). L’immortalità è descritta da Ivan Karamazov come una enorme illusione che l’uomo si racconta dai secoli dei secoli. Non c’è immortalità né Dio a questo mondo, e neppure, ovviamente, il diavolo, sostiene Ivan. Senza la menzogna-promessa dell’immortalità, tuttavia, non ci sarebbe la civilizzazione: ci si ammazzerebbe a vicenda senza alcun criterio, avrebbe inizio il mondo nichilista e delittuoso del все позволено vse pozvoleno, (tutto è permesso), senza Dio né valori per cui rispettare il prossimo.
Dostoevskij aveva una visione eccessivamente catastrofica del nichilismo: si può essere atei senza per forza dover ammazzare qualcuno e sognando comunque l’immortalità.  Alcune nuove tendenze della scienza stanno andando in questa direzione, ed ecco che compaiono i russi milionari che ordinano la riproduzione di un software con la loro essenza, ecco comparire le ricerche sulle intelligenze artificiali che copieranno forse, un giorno, il nostro cervello, ecco il nuovo trend, tra i nuovi ricchi, della criostasi- l’ibernazione post-mortem.

Ma in che modo questo sogno e l’angoscia della morte sono viste da altri scrittori russi del tempo? Ne ho presi due in particolare, che hanno in comune l’esser poeti e l’esser di Pietroburgo, città regale e malinconica per eccellenza, le cui maestose suggestioni sono senz’altro di ispirazione per la poesia. Uno è contemporaneo di Dostoevskij, l’altro è un premio Nobel del Novecento. Avete indovinato? Sto parlando di Aleksandr Blok e di Josif Brodskij.

Nei versi suggestivi del poeta pietroburghese Aleksandr Blok vediamo il rapporto peculiare con la morte del poeta, in cui potranno rispecchiarsi in molti. Il titolo è in latino, Dolor ante lucem, il peculiare senso di tristezza che si avverte prima della luce, cioè nel buio della notte, territorio di pensieri spesso angosciosi e che appaiono assai più pesanti, (spesso insormontabili) di quando la luce di un nuovo giorno li rischiara.
Lo stile di Blok è pittorico, simbolista, nei suoi versi riusciamo a percepire i colori, quasi le pennellate delle sue parole. Persino in questa poesia, una delle meno figurative che abbia scritto, possiamo quasi vedere il chiarore dell’alba che infonde desiderio di vita, il ciclo continuo di disperazione notturna e rinascita cui l’essere mortale è sottoposto durante la vita. Questo ciclo è forse l’unica immortalità di cui possiamo disporre da vivi, nell’eterno ritorno dell’alba e del tramonto del sole.

(la traduzioni, come sempre, sono mie. Sono molto letterali, ma è una mia scelta: mi piace cercare il più possibile di non stravolgere le parole originali degli autori):

Каждый вечер, лишь только погаснет заря,
Я прощаюсь, желанием смерти горя,
И опять, на рассвете холодного дня,
Жизнь охватит меня и измучит меня!

Я прощаюсь и с добрым, прощаюсь и с злым,
И надежда и ужас разлуки с земным,
А наутро встречаюсь с землёю опять,
Чтобы зло проклинать, о добре тосковать!..

Боже, боже, исполненный власти и сил,
Неужели же всем ты так жить положил,
Чтобы смертный, исполненный утренних грёз,
О тебе тоскованье без отдыха нёс?..

Ogni sera, non appena l’alba si spegne,
Dico addio, ho ardente desiderio di morte
E ancora, all’alba di una giornata fredda,
La vita mi avvolge e mi tormenta!

Mi congedo con il bene e il male,
e la speranza e l’orrore della separazione della terra,
ma al mattino mi incontro con la terra ancora una volta,
per maledire il male, per bramare il bene!..

O signore, signore forte e onnipotente,
è forse per volontà tua che viviamo così,
che il mortale, con sogni mattutini soddisfatti,
ti desidera senza sosta?

(A.Block, 1899)

Josif Brodskij, illustre poeta, saggista e traduttore pietroburghese, nato nel secolo successivo a Block, era un uomo dalla personalità instabile e depressa, malato di cuore e dalle straordinarie abilità letterarie. Accusato di parassitismo durante l’Unione Sovietica, fu mandato ai lavori forzati, ma non si perse d’animo, continuando gli studi delle opere inglesi. Fu stroncato da un infarto.

In una sua poesia del 1961 percepiamo la sua accettazione della morte, la volontà di non sapere nulla sul suo destino. Il tempo non risponde ad alcuna domanda, non rivela nulla sul futuro, sul suo scorrere e sulla natura umana. Con il verso di apertura, “Non chiedo immortalità alla morte”, Brodskij afferma realisticamente di non bramare all’immortalità dell’anima, giacche ciò che conta è il vissuto che si respira, l’amore che brucia in un angolo roseo, la ragnatela della vita, la sospensione del tempo, il grido perenne della giovane vita vissuta, di ciò che è stato.

Бессмертия у смерти не прошу.                           Non chiedo immortalità alla morte,
Испуганный, возлюбленный и нищий, —           Spaventato, innamorato e misero,
но с каждым днём я прожитым дышу                Ma ogni giorno respiro il vissuto
уверенней и сладостней и чище.                        più sicuro, più dolce e più nitido.

Как широко на набережных мне,                      Come mi pare vasto sulle rive,
как холодно и ветрено и вечно,                         com’è freddo e ventoso ed eterno,
как облака, блестящие в окне,                    come le nuvole, che splendono dalla finestra
надломленны, легки и быстротечны.                 sembrano affaticate, leggere e fugaci.

И осенью и летом не умру,                         Non morirò nè d’estate né d’inverno,
не всколыхнется зимняя простынка,     non si scuoterà il lenzuolo dell’inverno,
взгляни, любовь, как в розовом углу   guarda l’amore, come brucia in un angolo
горит меж мной и жизнью паутинка.   roseo, tra me e la mia vita vi è una ragnatela.

И что-то, как раздавленный паук,     E qualcosa, come un ragno schiacciato,
во мне бежит и странно угасает.     scorre dentro di me e si spegne in modo bizzarro.
Но выдохи мои и взмахи рук      Ma i miei respiri, le mie mani che si agitano
меж временем и мною повисают.   sono sospese tra me e il tempo.

Да. Времени — о собственной судьбе   Sì, al tempo, sulla mia sorte,
кричу все громче голосом печальным.   grido sempre più forte, con voce dolorante.
Да. Говорю о времени себе,                Sì, parlo del tempo con me stesso,
но время мне ответствует молчаньем.   ma il tempo mi risponde col silenzio.

Лети в окне и вздрагивай в огне,      Vola alla finestra e sussulta al fuoco,
слетай, слетай на фитилёчек жадный.   vola, vola sull’avido stoppino.
Свисти, река! Звони, звони по мне,       Fischia, o fiume! Chiamami, chiamami,
мой Петербург, мой колокол пожарный.  mia Pietroburgo, mia campana d’incendio.

Пусть время обо мне молчит.         Che il tempo resti in silenzio riguardo a me.
Пускай легко рыдает ветер резкий   Che il vento tagliente soffi
и над моей могилою еврейской    e che sulla mia tomba ebraica
младая жизнь настойчиво кричит.      la mia giovane vita gridi insistentemente.

Famosa e struggente è la poesia “Io ero solo ciò che/ tu toccavi”, una poesia d’amore dedicata alla pittrice Marina Basmanova, con cui Brodskij ebbe una relazione e da cui ebbe un figlio, ma si separarono poco dopo la sua nascita.

Qui l’amore assume connotati che potrebbero legarsi a quelli della creazione divina del cosmo, dell’amore per il divino o per la madre. Nella poesia è espresso l’annullamento del sé prodotto dall’amore, per cui l’amante vive in funzione di chi ama, diviene “solo ciò che tu toccavi, distinguevi”; non solo, ma gli pare che sia stato creato dalla persona amata, che nell’amore ci sia una forza creativa che plasma un essere umano rendendolo veramente tale solo nel momento in cui ha inizio l’amore. Ed è in questo modo che il mondo che si crea con l’amore continua a ruotare in eterno, come le sfere celesti, anche se abbandonato, incessantemente. E’questa l’immortalità che “basta” a Brodskij, quella delle cose create, vissute, state, che una volta in essere non potranno più esser cancellate.

Я был только тем, чего      Io ero solo ciò che
ты касалась ладонью,      tu toccavi (con il palmo),
над чем в глухую, воронью   quello su cui nella notte fonda, corvina
ночь склоняла чело.     tu reclinavi la fronte.

Я был лишь тем, что ты   Io ero solo ciò che
там, снизу, различала:    tu, laggiù, distinguevi:
смутный облик сначала,   all’inizio una sagoma confusa,
много позже – черты.       e molto dopo, dei tratti.

Это ты, горяча,                     Sei tu, ardente,
ошую, одесную                 che hai creato per me
раковину ушную              la conchiglia dell’udito
мне творила, шепча.     a destra, a sinistra, sussurrando.

Это ты, теребя                         Sei tu, che tirando
штору, в сырую полость   la tenda nell’umida cavità
рта вложила мне голос,      mi hai dato la voce,
окликавший тебя.              perchè potessi chiamarti.

Я был попросту слеп.            Io ero cieco, nulla di più.
Ты, возникая, прячась,       Tu, sorgendo, celandoti
даровала мне зрячесть.   mi hai donato la vista.
Так оставляют след.             Così si lasciano scie.

Так творятся миры.                     Così si creano mondi.
Так, сотворив их, часто          E così, dopo averli creati, spesso
оставляют вращаться,               li si lasciano a ruotare,
расточая дары.                               elargendo doni.

Так, бросаем то в жар,                           Così, gettata al caldo,
то в холод, то в свет, то в темень,        al freddo, alla luce, all’ombra,
в мирозданьи потерян,                              persa nell’universo,
кружится шар.                                           ruota la sfera.

In effetti, come sarebbe l’uomo se non avesse l’ossessione dell’eternità dell’anima, se accettasse la sua finitudine? Siamo sicuri che sarebbe un incivile assassino alla Dostoevskij, o forse è il destino della civiltà quello di essere sempre più laici e realisti, più concentrati sul mondo terreno, alla ricerca di una spiritualità concreta, fatta di sentimenti e armonia con la natura? Sarebbe questa, forse, una leggerezza dell’essere del tutto sostenibile, un “danzare nel fango con piede leggero” che non è sintomo di superficialità o ignoranza, ma di saggezza ed evoluzione.

brodsky