La storia di Marta e di Misha: l’affido dei bambini russi in Italia

Il blog “Non solo matrioske”, come sapete, è anche uno spazio per raccontare le proprie esperienze con la Russia. Sono dunque molto felice di ospitare la testimonianza di Marta Cavallari, che ci racconta   della sua esperienza interessante e toccante in termini di adozione e affido di bambini (russi e bielorussi, in questo caso). Marta lavora per un’associazione ONLUS che si occupa del sostegno dei bambini russi e bielorussi che si trasferiscono in Italia e ha un’esperienza diretta e personale con il mondo delle adozioni, inoltre è molto legata alla Russia.
1) Come ti sei approcciata alla Russia, come sei legata a questo Paese? 
 Il mio approccio alla Russia, risale a tanti anni fa: quando arrivò nella famiglia dei miei nonni la prima bambina russa ospite per le vacanze estive, io avevo cinque anni e lei otto; da quell’anno in poi ci siamo riviste per tutte le estati, fino al compimento della sua maggiore età. Mia zia, inoltre faceva parte del direttivo dell’Associazione tramite la quale questi bambini arrivavano in Italia. All’età di 13 anni cominciai a frequentare il secondo progetto: la colonia. Un anno dopo partivo per il mio primo viaggio umanitario in Russia e l’anno successivo arrivò un nuovo bambino a casa mia. Si può dire che io sia cresciuta con la Russia: sono inevitabilmente legata a questo Paese, tanto quanto lo sono alle persone russe, che sono ormai parte della mia famiglia e delle mie amicizie. Sicuramente il legame principale nasce dal fatto che questa sia la loro terra e per me è sempre stato fondamentale conoscerla, un po’ per conoscere meglio loro, un po’ per semplice curiosità. Inoltre nutro un’estremo rispetto per questo posto, che credo non riuscirò mai a vedere come difettoso, nonostante io frequenti una Russia non da copertina.

Il mio primo viaggio umanitario è stato nel 2013. Ne sono conseguiti altri quattro, tutti finalizzati alla visita dei bambini e dei loro orfanotrofi. Forse per questo motivo io amo questa Russia: la Russia senza musica e luci insomma. Senza nulla togliere a Tula– città con cui l’Associazione lavora e dalle cui province arrivano tutti i nostri bambini-, posso dire oggi che Tula per me è come una casa. Sono legata quindi alla Russia sotto tutti i suoi aspetti, dalle macchine alle strade, alle immense foreste di betulle, alle case colorate, agli enormi palazzi, fino alle marmellate, ai dolci, alla musica, alle danze, alle ricorrenze, al patriottismo, ai monumenti. La cosa che più mi piace della Russia però, sono i colori: chi dice che sia grigia non la conosce: ne ha così tanti…
2) Conosci la lingua russa? 
Sì, parlo russo. sicuramente per volontà, ma anche per esigenza. La pratica mi ha aiutato e mi aiuta anche oggi tantissimo (parlare ogni giorno al telefono, ascoltare la stessa musica, guardare i programmi in lingua mi ha facilitato non poco). Per quanto riguarda la parte grammaticale, lo sto studiando a passi lenti, nel senso che, non seguendo un corso, mi risulta abbastanza complicato essere costante nello studio grammaticale. Ho frequentato per pochi mesi l’università nel dipartimento di lingue e letterature straniere, studiando russo come seconda lingua, anche questo sicuramente ha contribuito. Sto continuando da autodidatta seguendo un libro di grammatica, senza contare che la musica russa è sempre accesa nel mio ambiente: con gli altri ragazzi russi del progetto umanitario che seguo è “vietato” parlare italiano.
3) Sei sorella di un bambino russo, di nome Misha, per cui è in corso una pratica di adozione. Parlaci di lui e della situazione attuale. 
Mikhail ha 17 anni, è nato il 6 Febbraio del 2002. Vive a Tula, ma ha frequentato diversi orfanotrofi fuori dalla città. Il più recente, da cui è uscito lo scorso settembre, si trova a Novomoskovsk, a circa 40 km dalla città di Tula.
Questa storia è tutta speciale. Misha è arrivato in colonia all’età di 9 anni, per volere dell’orfanotrofio. Al suo arrivo in Italia, viveva in orfanotrofio da meno di un anno e presumiamo che il motivo del suo arrivo sia legato a questo. Durante la sua vacanza estiva in colonia ci siamo incontrati, io ero lì per prestare servizio di lavoro. Dopo un mese trascorso insieme a lui e ad altri 25 bambini, dissi ai miei genitori: “per favore, portiamolo a casa”. Sentivo che Misha aveva bisogno di me, l’ho sentito subito come un dovere, una cosa a cui non potevo rinunciare, una gioia da proteggere.
Non è stato facile convincere i miei genitori, in particolare mia mamma, che molto affezionata a Yana (la bambina dei miei nonni) e non voleva riprovare il dolore di vederli andare via.
Comunque, il luglio dell’anno successivo, Misha arrivò a casa. Lo ospitammo per tutte le estati, ed insieme siamo diventati una famiglia, lo sento a tutti gli effetti mio fratello. Anche i miei genitori gli sono molto legati. Dico sempre a mia madre “papà fa cose con Misha che con me non hai mai fatto, guarda come lo tratta bene!”, ma non sono mai stata gelosa, anzi, ben venga, voglio così bene a Misha, che gli regalerei tutto quello che ho.
Due estati fa, purtroppo, si verificò un grosso problema con la nostra associazione ed altre sul territorio italiano: un problema burocratico russo che si ripiegò su 1000 bambini, che da quel momento non arrivarono più in Italia. Bloccarono gli affidamenti estivi e ogni tipologia di progetto, ancora oggi ci è sconosciuto il reale motivo. Misha, come tanti altri, rimase bloccato là e noi bloccati qua. Andammo in fretta in Russia, ma non ci fu niente da fare. Ora lo abbiamo capito: finché è minorenne da lì non uscirà.
Non abbiamo certezze sulle motivazioni, non sappiamo come mai, ci siamo mossi in tantissimi modi, unendoci con le altre associazioni che come noi, lavorano sul territorio russo, ma niente da fare. L’unica via che abbiamo ora è andare a trovarlo, rimanere in costante contatto con lui, preparare i suoi documenti aspettando la maggiore età, perché l’unica certezza che abbiamo è che siamo una famiglia.  Alcuni nella nostra stessa situazione hanno mollato i rapporti, ma per noi questo non è nemmeno un pensiero. Stiamo aspettando febbraio, con le dita sempre incrociate speriamo che tutto vada per il meglio. Quando Misha arriverà in Italia, il suo desiderio è costruirsi una nuova vita, sicuramente con il nostro aiuto. Ci ricorda sempre che “grazie a voi ho imparato a vivere una vita domestica”.  Il mio desiderio principale è che lui sia felice, e se questo avverrà in Italia, ne sarò ancora più contenta.
(nella foto: Marta e Misha) 
 4) Cosa suggeriresti per cambiare il sistema delle adozioni, perché non si verifichi più quello che è accaduto con Misha, e cosa la tua Associazione propone in merito?
E’ abbastanza difficile per me rispondere a questa domanda. Diciamo che io mi sono più occupata della
parte sociale-affettiva piuttosto che di quella burocratica. In ogni caso, ho avuto modo durante questi anni di apprendere che il problema principale sono due caratteristiche congiunte: la burocrazia russa molto rigida e quella italiana molto lenta. Sicuramente ci sarebbero tantissime cose da aggiustare, tra cui per primo il rapporto Italia-Russia: ci sarebbe bisogno di più confronto e di più dialogo. I russi sono tutt’altro che un popolo chiuso e freddo e forse sarebbe ruolo degli italiani capirlo, rinchiudere gli stereotipi e cominciare ad affrontare i problemi in modo diverso.
Io ho visitato tanti orfanotrofi, ho visto tanti direttori e persone di un certo livello, quelli che, per così dire, “muovevano i remi” della nostra Associazione. Sicuramente ci sono cose che si possono sistemare, ma la mia impressione è stata quella che avessero le “mani legate”, perché la buona volontà è importante, ma la politica in questo senso ha preso il sopravvento.
Per quanto riguarda la nostra Associazione, dopo esserci uniti con tutte le altre del territorio (non solo nella nostra provincia), abbiamo tentato in ogni modo di capire il motivo di queste problematiche e di risolverle. Purtroppo la Russia non ha risposto con la stessa moneta: ci sono state più volte chiuse le porte. Per non perdere il nostro obbiettivo e mandare avanti il lavoro della nostra Associazione, entrambi i progetti (accoglienza in colonia e affido in famiglia) continuano nella regione di Minsk, in Bielorussia, dove i problemi burocratici sembrano essere annullati; noi continuiamo comunque a portare avanti la nostra “lotta” per i nostri ragazzi, quelli di Tula. 
(nella foto: Misha con i genitori)
5) Puoi darci qualche informazione in più sull’Associazione? 
La nostra associazione si chiama Brescia-Tula Onlus, ora è attiva sul territorio soltanto come tramite per l’affido famigliare estivo tra Italia e Bielorussia, nell’attesa e nella speranza di risolvere i problemi con la Russia.
Si tratta di un’associazione di volontariato a scopo sociale e di solidarietà che si occupa di accoglienza in colonia per il risanamento fisico. Ad ogni bambino vengono prestati controlli medici, accompagnati a cibo e acqua non contaminati, tanto sole e passeggiate nelle montagne, vestiti nuovi da portare anche ai compagni in istituito; l’affido famigliare prevede un soggiorno di 30 o 60 giorni in famiglia, ovviamente con lo stesso pensiero di salute e solidarietà, ma anche con una buona dose di affetto, regole e insegnamenti domestici.
Si possono trovare tutti i contatti, le foto e le principali informazioni sul sito internet: Brescia-Tula Onlus e all’omonima pagina Facebook. 
Durante l’anno i viaggi umanitari prevengono che negli orfanotrofi, nelle case famiglie e ai ragazzi maggiorenni vengano portati vestiti, cibo e denaro (controllato e speso insieme ai volontari).
La scelta che caratterizza la nostra Associazione è quella di seguire per entrambi i progetti solo bambini orfani, siano essi naturali o sociali, risedenti negli orfanotrofi e nelle case famiglie più bisognose. 
Ringrazio di cuore Marta per la sua interessante intervista e pubblico di seguito alcune immagini dei progetti dell’Associazione con i ragazzi e i bambini russi.
(nella prima foto: Marta e Misha a Tula)