Il tabù del giudizio sull’estetica della donna in Occidente: dove stiamo andando a finire?

Di recente mi è capitato di parlare con il mio caro amico e bravissimo giornalista esperto di dinastie e casati reali, Francesco Vicario, di Caterina II e del ruolo di supremazia e potere che le donne russe hanno avuto nella storia (e hanno tutt’ora). Trovate il nostro dialogo (una diretta Instagram) qui https://www.youtube.com/watch?v=QrFLhOVRANY&t=172s, sul mio nuovo canale YouTube Non solo matrioske che sarà interamente dedicato agli italiani appassionati di cultura russa.

Ho espresso l’opinione personale che in Russia il rapporto che hanno le donne- e gli uomini- con la femminilità sia più equilibrato, meno contrastante. La femminilità della donna russa è un valore che la società russa considera estremamente positivo e può trasformarsi in uno strumento di emancipazione, di applicazione della propria supremazia e forza. Certo, la bellezza non è l’unica risorsa che una donna ha a sua disposizione, ma è un aiuto importante. Le donne russe, generalmente, tengono molto al loro lato estetico e appaiono sempre curate, senza che questo tolga nulla alla loro determinazione e al loro valore intellettuale, sociale, professionale. In Occidente, io credo, c’è invece uno squilibrio più marcato, dettato da ragioni culturali e storiche, tra la bellezza e l’intelletto delle figure femminili: una donna bella e bionda viene spesso, di default, considerata “scema”.

Il dialogo sulla forza e l’indipendenza delle donne russe mi ha fatto riflettere su un fenomeno squisitamente occidentale che da tempo mi lascia perplessa, ma che negli ultimi anni ha raggiunto proporzioni, a mio avviso, incontrollate. Sto parlando dell’eccessiva attenzione verso ogni tipo di giudizio espresso attraverso i media riguardo le donne, a causa della spaccatura sempre più netta tra l’aspetto fisico e le qualità intellettuali delle donne. Si parla moltissimo di violenza sulle donne, di difesa delle donne, di sessismo, e questo è naturalmente nobile e giusto, visti gli episodi sempre crescenti di maltrattamento, abuso, discriminazione, omicidio e violenza che vengono perpetrati nel mondo a danno delle donne. Come esponente della categoria, sarò però forse controcorrente nel notare che, se da una parte questa attenzione e questa lotta sono corrette, dall’altra la ventata, altrettanto crescente, di perbenismo “politically correct” sta assumendo contorni imbarazzanti ed eccessivi. Mi riferisco dunque non certo alla lotta contro la violenza sulle donne (la violenza, peraltro, andrebbe condannata tout court, verso qualsiasi essere umano e non), ma al paradosso per cui tutto ciò che riguarda la sfera estetica femminile sia ormai diventato un tabù. Siamo giunti ad un momento storico in cui l’Occidente, in particolare l’Italia, non accetta più in alcun modo che della donna venga notata in primis l’estetica, come se ciò offendesse o offuscasse le sue caratteristiche intellettuali. Chiaramente tutto ciò avviene per una ragione, ovvero il predominio mediatico in Italia, negli ultimi 50 anni, dell’immagine della donna-oggetto, della Velina, della figura televisiva femminile mezza nuda, la cui unica qualità apprezzabile è, appunto, la bellezza. Questo retaggio (oggi sarebbe impensabile immaginare un programma come Non è la rai, dove Lolite quindicenni cantano in playback in abitini provocatori! Verrebbe immediatamente censurato e accusato di incitamento alla pedofilia e svilimento dell’immagine della donna) ci ha portato a sottoporre ad una gogna mediatica chiunque osi commentare l’estetica di una donna che abbia un mestiere stimato, che dovrebbe essere notata per altre sue caratteristiche (Rula Jebreal, ad esempio, e, più di recente, la giornalista Giovanna Botteri). Quello che sfugge, a mio avviso, è che i commenti sull’estetica fanno parte della cultura e della vita umana e, seppure siano da sempre stati maggiormente riservati alle donne, per ragioni storico-antropologiche, non interferiscono né sviliscono l’intelletto e l’attività lavorativa della donna, proprio perché sono- e rimangono- estetici. Kant parlava, nella Critica del giudizio, del “bello senza intelletto” proprio perché l’estetica è appannaggio di un’altra sfera dell’animo umano, ovvero quella delle percezioni sensoriali, e non ha nulla a che vedere con l’intelletto, che non stimola e non coinvolge. Dunque, i commenti sull’estetica di qualcuno sono per natura frivoli, superficiali, probabilmente non necessari e spesso indesiderati, ma non dovrebbero avere nessuna relazione con l’attività intellettuale dell’oggetto del giudizio, perché neppure coinvolgono quella del giudicante. Che il David di Michelangelo, oltre ad essere bello, fosse anche intelligente, non è oggetto del giudizio sulle sue scultoree fattezze che siamo portati ad ammirare. E’ovvio che nel momento in cui una stimata giornalista svolge il suo lavoro, preferirebbe essere valutata esclusivamente per ciò che dice, per il messaggio che veicola e non per la sua messa in piega; è altrettanto ovvio e naturale, però, che qualunque personaggio pubblico che appaia in televisione si esponga anche ad un giudizio estetico, per il semplice fatto di apparire su uno schermo, di mostrare la sua immagine. Che tutto questo sistema di valori e giudizi vada decostruito e abbattuto è, a mio avviso, assai opinabile. La bellezza femminile in tutte le sue declinazioni (donne floride, donne più snelle, alte, basse, more, bionde ecc.) ma anche la cura del proprio corpo e della propria immagine sono valori che non hanno nulla di deprecabile e che, io credo, spesso vanno di pari passo con la serenità dell’animo, la salute, l’equilibrio. Certo, siamo esseri umani, non si può pretendere la perfezione sempre e comunque, soprattutto in quarantena- i parrucchieri sono chiusi, siamo tutti tappati in casa a impastare gnocchi e pulire, una svista sulla piega o sul trucco sono più che concesse. Tuttavia, montare un polverone per un episodio simile, accusando un’altra donna e presentatrice, la Hunziker, di ipocrisia e sessismo e sottoponendola ad un’altrettanto deplorevole gogna mediatica di insulti, mi pare davvero eccessivo e fuorviante. Nietzsche parlava della morte dello spirito tragico greco, dell’equilibrio tra apollineo e dionisiaco nella tragedia greca nel suo saggio La nascita della tragedia: con l’avvento, da Socrate in poi, del monoteismo, dei valori cristiani di martirio, peccato e mortificazione dell’estetica a favore dell’interiorità, si assiste ad un crollo dei valori greci del kalos kai agathsos, “bello e dunque buono”. Io credo che mai come ora si assista a questo naufragio, questo irrimediabile tramonto iniziato secoli fa. Il divario tra bello e buono (nel senso di intelligente, utile, abile) non è mai stato così netto come ai giorni nostri, soprattutto se parliamo di donne. La “pericolosa” china che un atteggiamento post-femminista, iper-femminista sta assumendo oggi potrebbe portare, un domani, ad un ritorno dello slogan anni Sessanta, obsoleto, della donna non depilata! Certamente, ogni donna deve essere libera di scegliere come usare il proprio corpo, come e se imbellettarlo, se depilarsi o meno, se tingersi o meno i capelli bianchi, ma non può pretendere, nel momento in cui espone la sua immagine al giudizio pubblico, di non essere in alcun modo giudicata anche per la sua estetica. Senza contare che, a mio avviso, la donna non dovrebbe necessariamente rendersi uguale in tutto e per tutto ad un uomo. Dovrebbe, io credo, essere orgogliosa delle sue caratteristiche e della sua femminilità che, per ragioni biologiche, non sono identiche a quelle maschili. Non è diventando uguali agli uomini che vinceremo la millenaria battaglia della parificazione dei nostri diritti. Perché se l’uguaglianza a livello di diritti legali deve essere garantita in ogni società civile (e, per fortuna, nella nostra lo è), essa non deve divenire un appiattimento cieco di tutte le ovvie differenze che Madre natura ha così elegantemente distribuito tra i generi e le specie. Anzi, è proprio tale diversità a dover essere rispettata ed esaltata. La bellezza femminile- tanto quanto gli altri valori di cui le donne sono portatrici- dovrebbe dunque configurarsi come un plus, un valore positivo accanto agli altri valori e non, al contrario, diventare la vittima designata e ingiustificata di tanti attacchi, altrimenti il risultato è un inquietante paradosso per cui proprio l’Occidente, che si scaglia così tenacemente per la libertà di espressione e contro un certo tipo di Islam radicale che sottomette la donna e che la copre, si ritroverà ad essere un Islam camuffato da liberalismo occidentale, per cui il nuovo burqa della donna diverrà- e per certi versi è già così- il tabù del suo giudizio estetico: il velo posto dai social network sull’immagine estetica della donna, che da secoli è sempre stata celebrata con tanta grazia e maestria da pittori, poeti e artisti di tutto il mondo, è un insulto alla donna ben più grave di qualche battuta su una messa in piega sbagliata o un abito che fa a pugni con il colore del rossetto.

3 Risposte a “Il tabù del giudizio sull’estetica della donna in Occidente: dove stiamo andando a finire?”

  1. Non ho mai letto un’analisi così garbata, equilibrata, filosoficamente documentata ed intellettualmente condivisibile scritta da una donna bella, dolce ed intelligente nonché colta come hai fatto tu Valentina. Hai saputo documentare con destrezza concetti che esprimo da anni e che attirano le ire delle donne, ovviamente non quelle dell’Est. Grazie.

  2. Bellissima analisi, complimenti! Rispecchia molto anche il mio pensiero. Penso che il “troppo” (da una parte o dall’altra) alla lunga porti inevitabilmente a problemi, discussioni, insomma ad un nuovo squilibrio. Per questo l’iper-femminismo dilagante in molti paesi in Europa rischia, a mio avviso, alla lunga di sortire l’effetto contrario all’obiettivo che si propone, se non addirittura di portare a nuove tensioni o ad intolleranza. Esagerare non è mai bene.

I commenti sono chiusi.